Mi chiamo Giovanni Del Casale e mi occupo di Nada Yoga (Yoga del Suono) e di Campane Tibetane.
Nel primo caso ci troviamo di fronte ad una disciplina di origine vedica che come strumento di lavoro utilizza principalmente la voce mentre nel secondo, ovviamente, lo strumento consiste nella campana o ciotola stessa.
La voce e le campane hanno più di qualcosa in comune: sono tutte intimamente differenti (impossibile trovarne una del tutto identica ad un’altra) ed entrambe, al proprio interno, custodiscono un segreto (che poi tanto segreto non è) riguardante la natura sottile del suono: gli armonici naturali.
Sia nella pratica individuale che in quella di gruppo con allievi e allieve, cerco sempre di porre l’attenzione sull’ascolto; ascoltare con le orecchie, certo, ma anche e soprattutto con il corpo e con la mente. Sappiamo che la vibrazione infatti è un fenomeno che attraversa e compenetra differenti dimensioni via via più sottili; gli organi sensoriali (nel nostro caso essenzialmente l’udito e il tatto) possono quindi essere visti come “porte” di accesso a questi vari livelli di esperienza.
Personalmente utilizzo le campane soprattutto nei corsi in cui trasmetto le nozioni di base per imparare a conoscerle ed usarle con consapevolezza, ma talvolta le porto anche ai corsi di Nada Yoga; come detto infatti, in virtù della loro ricchezza armonica le ciotole possono rappresentare un mezzo straordinariamente adatto ad introdurre le persone all’”esperienza del suono” e, volendo, a comprenderne anche i meccanismi più invisibili ed esoterici.
Rispetto alle ciotole “Made in Nepal” (più o meno antiche) che possiedo e utilizzo, quelle create da Albert hanno una caratteristica immediatamente riconoscibile: sono tutte intonate. Da questo punto di vista esse assomigliano a veri e propri strumenti musicali, oggetti costruiti cioè in modo che gli armonici udibili più evidenti rispettino intervalli musicalmente consonanti. Nella mia personale ricerca ho verificato che spesso e volentieri il primo tra gli armonici che emerge risulta una quarta o una quarta aumentata rispetto alla tonica di base; in ogni caso, anche “ad orecchio” l’effetto d’insieme presenta uno spettro sonoro molto pulito, allineato, geometrico. Le vibrazioni di norma sono lunghe e poco oscillanti; ne consegue una certa purezza timbrica che, ancora una volta, fa pensare di essere di fronte ad un vero e proprio strumento musicale ben accordato.
Le campane di diametro minore mi sembrano quelle che maggiormente vincono il confronto con le “rivali” nepalese, proprio in virtù di una loro particolare brillantezza e di un’intonazione di solito molto, molto più precisa.
Tutto questo come si traduce da un punto di vista esperienziale? Noto che le persone riescono a cogliere piuttosto facilmente che il suono prodotto da queste ciotole sia particolarmente “bello”, rilassante e “puro” (sono termini chiaramente molto soggettivi ma che ci danno almeno un’idea del tipo di percezione sperimentata).
Particolare da non trascurare: le campane di Albert si suonano facilmente e senza troppi sforzi, anche se siamo alle prime armi. Merito anche della qualità dei relativi batacchi (oggetti complementari ai quali spesso non prestiamo la considerazione che meritano, mentre in realtà rappresentano l’energia yang del processo creativo sonoro).
Nelle armonizzazioni di gruppo (o bagni sonori) integro le campane nepalesi con quelle di Albert, cercando di valorizzare la personalità di ciascun esemplare. Sulla base dell’esperienza maturata fino ad ora, direi che le ciotole di Albert mi consentono di ottenere in generale degli effetti più penetranti, specialmente grazie agli armonici più acuti, una cosa più difficile da realizzare altrimenti. Le campane più grandi invece sono ideali per riportare l’energia verso terra e indurre un riequilbrio dei chakra medio/bassi.
Giovanni Del Casale
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